Alla fine di una giornata rilassante e intensa insieme. Iniziata con la celebrazione dell’eucaristia e conclusa con una cena a casa con le persone care. Sono solo davanti a te, Signore.
Quattordici anni da prete non sono occasione di compiacimento, ma di gratitudine. Per l’immeritato ricevuto e l’insperato conquistato.
Grazie, Signore, perché mi tieni per mano e mi accompagni ogni giorno.
Grazie per i brividi che ancora oggi ho quando celebro la messa.
Grazie per lo stupore che mi invade quando mi accorgo che ti servi di me (e questo è un grande mistero!) per abbracciare gli altri.
Grazie per i testimoni della fede che hanno reso vivo il Vangelo nella mia esistenza.
Grazie per le persone che incontro ogni giorno. Perché mi hai insegnato ad amare tutti, senza giudicare nessuno. E anche se non ci riesco sempre. Grazie.
Grazie per il dono della comunità che è la Chiesa, di cui non nascondo contraddizioni e sozzure, ma neppure finirò mai di contemplare la santità e la bellezza. Soprattutto la necessità di camminare insieme a fratelli e sorelle, non peggiori di me.
Grazie perché mi chiedi di essere servo.
Grazie perché mi insegni ad essere pellegrino.
Grazie perché mi hai donato già il centuplo su questa terra, oltre alla promessa del tuo Regno.
Grazie perché non sono mai solo.
Grazie perché non devo nascondere la mia debolezza.
Grazie perché nell’essere prete ho trovato la mia felicità.
Grazie perché, nonostante il mio limite, non ti vergogni di me. E sempre mi sei amico.