Questa sera ho incontrato alcuni ragazzi. Cioè mi hanno invitato ad andare da loro per un incontro. Dovevo parlare della confessione. Non so se per convincerli che bisogna confessarsi o che bisogna credere in Dio.
Non importa, perché quando ho accettato di andare da loro non avevo nessuna intenzione di convincerli dell’una né dell’altra cosa. Da tempo ho deciso di non dover convincere più nessuno. Non devo, perché Dio non vuole. Io parlavo con la bocca. Loro con gli occhi, con le gambe, con le mani, forse con il cuore. Più che parlare ascoltavano e cantavano la bellezza della loro vita. La loro vita giovane più oggetto dei nostri giudizi e delle nostre lamentazione, che del nostro stupore. Ad un certo punto è entrato anche Dio. Tra il mio imbarazzo e i loro dubbi è entrato Dio. Ognuno ne ha sentito il brivido come ha potuto. Come Lui ha voluto.
Ora vado a dormire contento, come il vecchio Simeone, perché ho visto i segni della salvezza. Vado a dormire con le solite domande: mentre attendiamo e vigiliamo, non è che rischiamo di accogliere uno che non verrà! Perché ogni giorno viene. Oggi in quegli occhi, in quelle gambe, in quelle mani, forse in quei cuori.
Ma perché nessuno di noi va per primo? Perché tutti aspettiamo prima di essere invitati? Perché giudizio e lamentele anziché un abbraccio? Al margine della strada a gridare, come il cieco di Gerico. E noi, presi da tante faccende, a smorzare ogni grido di fede sincera. Perché troppo presi ad andare dove non serve e a fare cose che nessuno vuole. A far finta di seguire Gesù, seguendo solo i nostri schemi rigidi. Gesù invece si è fermato, ha ascoltato, ha guarito. Ha soltanto sorriso.
(tratto da Dino Pirri, Dalla sacrestia a Gerico, ed Ave)