In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «"Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente". Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: "Amerai il tuo prossimo come te stesso". Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti» (Matteo 22,34-40).
Stanno tutti mettendo alla prova Gesù, per trovare una parola con cui condannarlo a morte. Come tante volte metto alla prova Dio, facendo finta di pregare, sfidandolo su quanto mi sta a cuore, affinché agisca in un modo o nell’altro. E alla fine accusarlo di non avermi accontentato.
Alle argomentazioni sull’esistenza di Dio di Aristotele, Agostino, Tommaso, Anselmo, René, Immanuel, Baruch, Gottfried Wilhelm, e Georg Wilhelm Friedrich si aggiunge la mia: Dio esiste, perché mi accontenta.
Come se la realizzazione dei miei desideri mi avesse mai pienamente accontentato. Come se non mi fossi mai lamentato delle conseguenze dei miei desideri capricciosi.
Prima vanno alcuni farisei con gli erodiani, poi i sadducei, poi tutti i farisei insieme. E fanno parlare il più brillante:
«Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
Era la questione più dibattuta al tempo di Gesù. L’argomento religioso più ostico. E forse lo è anche oggi: «Qual è la regola fondamentale del cristianesimo?». «Nella vita della Chiesa è più importante la dottrina, la liturgia o le opere?». «Quando la Chiesa è fedele alla sua missione e quando no?».
«Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
E Gesù risponde niente di nuovo: «l’amore!».
Lo dice la Bibbia, lo dicono gli interpreti della Bibbia, lo dice la gente, quando apprezza le opere della Chiesa, lo dice la gente quando non apprezza le opere della Chiesa. Lo dicono un po’ tutti.
«Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze», dice la Legge di Mosè (Dt 6,5).
«Amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore» (cfr. Lv 19,18).
Tutti oggi parlano dell’amore. Ma come si ama? Quando Gesù dice il “grande comandamento” cosa vuole intendere?
Amare significa non relazionarsi con il malvagio, come se fosse un nemico. Anche quando ti ferisce e ti umilia. Anche quando ti deruba e ti spoglia di tutto. Anche quando mette in pericolo la tua vita. Il malvagio rimane un fratello da perdonare.
Amare significa volere il bene del nemico, fino a pregare per il bene di quello che ce l’ha con te al lavoro, nel condominio, nel gruppo di cui fai parte.
Amare significa permettere all’altro di essere imperfetto, di sbagliare, di non essere all’altezza. Senza scartare nessuno. Senza etichettare nessuno come indegno. Senza chiudere definitivamente la porta. Altrimenti è scambio, commercio, tornaconto.
Amare è Gesù, che dalla croce guarda coloro che lo deridono, lo accusano, lo sfidano, aspettando che crepi. E li perdona. Cioè, dona anche a loro la sua vita. Decide di non escluderli dalla salvezza.
Non un sentimento, non un codice di buon comportamento, non una lista di regole a cui attenersi. E nemmeno una dottrina morale. E nemmeno una fugace esperienza di piacere. E nemmeno accontentare qualsiasi richiesta e qualsiasi capriccio.
Amare è decidere di donare la propria vita, in tutto ciò che si è e si fa. Con tutta la propria intelligenza, con tutta la propria interiorità, con tutto il proprio corpo.
Il grande comandamento, il primo passo, il fondamento della vita cristiana è questo amore. Innanzitutto, verso Dio, qualunque cosa voglia e qualunque cosa mi chieda, e specularmente verso il prossimo, chiunque egli sia e qualunque cosa mi faccia.
Tutto il resto è conseguenza di questo primo passo.
Tutto il resto va misurato secondo questo primato.
Sant’Agostino scrive: «Dilige et quod vis fac», ama e fai ciò che vuoi. Non come un figlio dei fiori. Non come uno che va dove lo porta il cuore. Non come uno che coglie l’attimo.
Come uno che è stato amato da Gesù, in quel modo. E non sa più vivere altrimenti.
«Una volta per tutte dunque ti viene imposto un breve precetto: ama e fa’ ciò che vuoi; sia che tu taccia, taci per amore; sia che tu parli, parla per amore; sia che tu corregga, correggi per amore; sia che perdoni, perdona per amore; sia in te la radice dell’amore, poiché da questa radice non può procedere se non il bene» (Agostino d’Ippona, In litteram Ioannis ad Parthos, discorso VII).
Ogni grande gesto senza quell’amore è contro la volontà di Dio e ti lascia nella tristezza e nel risentimento.
Ogni piccolo gesto misurato su quell’amore, rende riconoscibile Dio, ti dona felicità e trasforma il mondo in un paradiso.
Dio non ti accontenta. Ti ama.
Dio non vuole che ti accontenti. Vuole che tu sia felice.