In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarea di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti».
Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà» (Marco 8,27-25).
Immaginiamoci la scena. Stai passeggiando con Gesù, che con qualche pezzo di pane ha sfamato migliaia di persone e ha guarito un sordomuto e ha ridato la vista a un cieco. Tutti lo cercano, tutti lo vogliono, tutti desiderano la sua compagnia. E tu stai passeggiando con lui.
E a un certo punto, di botto, ti chiede: «La gente chi dice che io sia?». Che dice la gente di Gesù? Un sacco di cose. «È tipo Giovanni Battista». «A me ricorda più il profeta Elia». «A me qualche altro profeta, una specie di figlio dei fiori». «Il primo comunista della storia». «Un uomo tanto buono, che salutava sempre, con la faccia da santino». «Il giustiziere della notte». «Un po’ più di Maometto, un po’ meno di Buddha». E chi più ne ha, più ne metta.
Ma poi ti guarda negli occhi. Entra nel segreto del tuo cuore e ti chiede: «Ma tu, chi dici che io sia?». Come a dire: «Nella tua vita, io che posto ho in classifica? Con me o senza di me, che differenza farebbe? Quando mi incontri, dove mi riconosci, come ti parlo, cosa ti dico?».
Se andassimo in giro a chiedere alla gente: «Credi in Dio?». La maggior parte di risponderebbe di sì, intendendo che crede all’esistenza di Dio.
Se in chiesa, durante l’eucaristia domenicale, chiedessimo: «Voi credete in Dio?». Registreremmo ancora più consensi.
Ma la domanda vera non è se credi o non credi all’esistenza di Dio. Gesù ti rimanda alla realtà della tua vita e non si accontenta di una definizione generica. La questione è: «Che c’entra Dio con la tua vita? Come cambia la tua vita? E quali sono i frutti della tua fede nella quotidianità, nei pensieri, nelle decisioni, nelle relazioni?»
Riprendendo un pezzo della lettera dell’apostolo Giacomo, potremmo dire che c’è bisogno mostrare come le nostre azioni siano fondate sulla nostra fede e, nello stesso tempo, come la fede si manifesti nelle nostre azioni. Altrimenti rimaniamo intrappolati nelle chiacchiere vuote, nelle opinioni, nelle generalizzazioni.
L’apostolo Pietro risponde con coraggio: «Tu sei il Cristo», mostrando di sapere chi sia Gesù veramente. Forse si è accorto che quello è Dio, il figlio di Dio. Ma continua a non fidarsi di lui. Ha imparato tutto il catechismo, conosce tutti i comandamenti, obbedisce a tutti i precetti, ma non crede. Cioè, non lascia la sua vita nelle mani di Dio. Non si fida di Dio.
Dopo capirà. A un certo punto, crederà. Alla fine, Pietro darà la vita per il Signore. Ma adesso no. Non si fida ancora.
Può essere vera un’amicizia, in cui non ci si fidi dell’amico? No.
Può essere vera una fede, in cui non ci si fidi di Dio? No.
Quando Gesù rivela il suo progetto e la sua volontà, cioè quando rivela il volto vero di Dio, Pietro non crede più, si ribella, cerca altre strade. E, forse, anche noi.
Credo in Dio, Padre onnipotente… bla bla bla… e nel Figlio… bla bla bla… e nello Spirito Santo… bla bla bla… e vado in chiesa e sto in pace con tutti e non auguro il male a nessuno e cerco di fare del bene quando posso…
«Ma se tu mi cominci ad insegnare che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato… venire ucciso…. Questo no. Perché dovrei soffrire per quelli che non se lo meritano? Perché dovrei perdere? Perché dovrei perdonare? Perché dovrei amare quelli che non mi amano e quelli che addirittura mi fanno del male?»
«E se ancora, Signore, insisti, dicendo che devo rinnegare me stesso, prendere la croce, come te, e seguirti ovunque vorrai portarmi, fino a perdermi nella tua volontà. Eh, un momento. A quale condizione? Con quali garanzie? Con che cosa in cambio?».
Se qualcuno mi dovesse chiedere se credo, non basta rispondere con un sì o con un no. Devo anche aggiungere in chi o in che cosa credo, dice Gesù. E spiegare anche come credo, cioè come tutto questo tocca la mia vita.
Credo in Dio Padre, che mi ama anche se sono un peccatore.
Credo in Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio,
che mi rivela il volto vero del Dio Vivente
e che mi insegna che Dio non è un estraneo o un pensiero o un concetto,
ma è Uno presente nella mia vita.
Credo nello Spirito Santo, che abita il mio cuore,
mi apre all’ascolto e alla comprensione della volontà del Padre
e mi fa desiderare di somigliare al suo Figlio, Gesù,
poiché in questa somiglianza e in quell’ascolto,
sta la mia felicità. Amen.
Ventiquattresima domenica del Tempo ordinario - 15 settembre 2024