Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E subito, uscendo dall'acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: "Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento" (Marco 1,9-11).
Dio vuole salvare il mondo e rispondere alla nostra fame e sete di liberazione e di felicità. Si è preparato nei secoli dei secoli. E finalmente, adesso, apre il sipario.
Per la prima volta entra in scena il protagonista del vangelo secondo Marco. Nel racconto, nessuno si accorge della sua presenza, ma gli occhi di noi lettori sono tutti puntati su di lui.
Si chiama Gesù, che era un nome comunissimo in quel tempo. Viene da una città praticamente sconosciuta all’immaginario biblico dei grandi personaggi e delle solenni promesse di Dio. Da Nazaret non è mai venuto nulla di bello. A Nazaret non è mai avvenuto nulla di rilevante.
Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea.
La Galilea era una terra periferica, lontana dal centro religioso, politico, culturale d’Israele. La Galilea stava al confine, in una sorta di terra di mezzo, in cui era abituale il compromesso, l’ambiguità, l’impurità, la promiscuità. Anche la lingua era poco chiara, incomprensibile a Gerusalemme.
Questo Gesù viene da un luogo squalificato da tutti i punti di vista.
Non basta. Senza dire niente a nessuno va sulle rive del fiume Giordano, dove Giovanni il Battista aveva radunato una piccola folla di persone, che riconoscevano il fallimento della loro vita, a causa delle scelte sbagliate e dell’abbandono di Dio, e provavano a rimettere insieme i pezzi. Un’umanità imperfetta e fallita, che, però, desidera trovare una strada nuova.
Prima scena, primo atto del Messia: arriva in incognito e si mette in mezzo ai falliti e ai peccatori di ogni generazione. Senza dire nulla. Senza fare nulla. Neanche una predica o un consiglio. Niente.
Perché Gesù si sottopone a questo rito? Non lo so. Forse per starmi vicino, nella mia affannosa ricerca di una via di uscita da tutto quello che non mi piace, mi spaventa, mi opprime, mi ferisce.
Gesù non aspetta che sia sorridente, spensierato, pulito, devoto, innocente, riconoscente, religioso, per starmi vicino.
Dio viene a salvarmi, dentro la mia storia. Quella stessa storia da cui, a volte, vorrei fuggire. Dio mi raggiunge così come sono, anche se per tanti versi io vorrei essere diverso. Dio desidera stare con me, prima che cambi, prima che diventi buono, prima ancora che mi accorga dell’errore, prima che lo riconosca.
E questa è la prima grande rivelazione di Dio, che desidera la mia felicità.
E Gesù vede tutto questo, vede il cuore del Padre, che ci ama tutti e in qualsiasi condizione ci troviamo. Finalmente sapremo chi è Dio. Oltre ogni nostra previsione, presunzione e immaginazione.
Lo vedremo in tutto quello che Gesù farà e dirà, a partire da questo suo stare silenzioso in mezzo a noi, che non lo riconosciamo, presi dalle nostre cose.
E venne una voce dal cielo: "Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento".
A questo punto Dio, il Padre guarda come Gesù ha cominciato la sua missione.
È Dio, potrebbe dire e fare qualsiasi cosa. Rimproverarci, punirci, annientarci. Avrebbe potuto cominciare a risolvere tutti i problemi del mondo. E niente di tutto questo. In silenzio, mischiato a noi.
E il Padre sorride. È contento del Figlio, che sta perfettamente mostrando al mondo il volto vero di Dio.
Noi abbiamo i nostri princìpi: «Ma come? Ma non può essere? Senza rimproveri e obblighi? Senza punizioni e condizioni? Senza risolvere almeno un problema?».
Dio è così, con un altro principio: stare, in silenzio, mischiato a noi, come Gesù in mezzo ai peccatori, insieme ai falliti in cerca di riscatto. In mezzo, vicino a quelli che sono incapaci di cambiare, di essere migliori; incapaci di risolvere problemi.
Noi smarriti, abbiamo urgente bisogno di non sentirci da soli.
Noi falliti, abbiamo fortemente bisogno si essere amati.