Dal 20 al 23 maggio, in Vaticano, i Vescovi italiani sono riuniti in Assemblea generale. Ma che fanno?
Lunedì pomeriggio hanno incontrato il Papa. La sera, si sono ritrovati insieme a pregare per la Pace. Il tema è dare sostanza al cammino sinodale che si sta compiendo.
Martedì, l’inizio dei lavori, con l’introduzione del cardinale presidente Matteo Zuppi, che ha ringraziato papa Francesco, il quale in questi mesi ha incontrato tutti i Vescovi italiani, regione per regione, nella cosiddetta visita ad limina, che avviene ogni tre anni.
Il Papa aveva confidato ai Vescovi: «Nei vari incontri ho avuto modo di toccare con mano le gioie e le sofferenze dei nostri territori. Soprattutto credo che sia giusto e importante parlare dei problemi con realismo, senza negatività, sempre pieni dello Spirito che libera dalla paura e dalla tentazione di fidarsi più di se stessi che della grazia. Bisogna alzare lo sguardo. Gesù invita i discepoli a non stare a discutere con lui di piccole preoccupazioni, pur assillanti. Quando si alzano gli occhi e si vede il grande bisogno di Dio e delle persone, quei problemi che sembravano montagne si riducono, perché niente è impossibile a chi ha fede».
Mi pare la prospettiva giusta da assumere: smettere di ripiegarci sull’ombelico dolorante e alzare lo sguardo verso la realtà, abitata dallo Spirito Santo.
In questa prospettiva, i nostri Vescovi, ricordano le tre consegne, che il Papa ha loro affidato, quando li ha incontrati, insieme ai delegati diocesani del Cammino sinodale: «Continuate a camminare; fate Chiesa insieme; siate una Chiesa aperta».
Questo significa incontrare la realtà, a volte confusa ma anche desiderosa di verità, ricorda il cardinale Zuppi ai Vescovi italiani.
«Le sintesi raccolte dalle Chiese locali sono la testimonianza di una vivacità che si esprime nel cammino, nello stare insieme e nel vivere la comunità in modo aperto. Sono racconti nei quali ha agito lo Spirito Santo segnalando le dimensioni prioritarie per rimettere in moto alcuni processi, per compiere scelte coraggiose, per tornare ad annunciare la profezia del Vangelo, per essere discepoli missionari».
Senza paura.
Con questa consapevolezza i Vescovi si stanno preparando a vivere l’ultima tappa del Sinodo, dedicata alla “profezia”.
Cercheranno di tradurre «in scelte e decisioni evangeliche» quanto raccolto in questi anni, cercando di obbedire all’armonia dello Spirito Santo. Sarà il compito principale delle due Assemblee sinodali a novembre e a marzo 2025.
Certamente non è facile alzare lo sguardo, come chiesto da papa Francesco, «in una Babele segnata da tanta sofferenza, dalle ombre di guerre che non si fermano e paralizzano nella paura». Non è facile liberarsi dai labirinti dell’individualismo, che produce solo fragilità e chiusure. Ma è necessario “pensarsi insieme”, perché nessuno esiste senza gli altri.
«È quello che si realizza pienamente e umanamente nella Pentecoste, dove persone limitate e fragili iniziano a parlare una lingua che tutti comprendono come familiare, capace di fare riemergere qualcosa di profondo e di intimo. Anzi il più intimo, il vero “io” tanto cercato, in ogni persona. Dopo l’Ascensione di Gesù si apre il tempo della Chiesa, che è quindi il tempo dello Spirito. Il racconto del libro degli Atti (At 2,1-11) ci ha mostrato questo frangente decisivo, quando cioè lo Spirito ha raggiunto i discepoli e li ha abilitati ad essere finalmente testimoni del Risorto».
Come in quel giorno, «tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi» (At 2,4). E allora anche noi oggi siamo chiamati, come i primi credenti, a compiere il prodigio di camminare insieme, senza «il rischio di dividersi in schieramenti diversi e persino rivali o di fraintendersi». Siamo chiamati a lasciare agire lo Spirito, che «rende familiari, tesse la comunione tra diversi, getta ponti e consente di superare i muri che dividono… permette di parlare davvero a tutti».
«Quando la Chiesa si ripiega su se stessa è probabile che non stia facendo agire lo Spirito. Quando invece è ripiena di Spirito sa dire una parola concreta di salvezza alle persone», ha concluso Zuppi.
Affinché questo accada anche oggi, occorre certamente una riflessione puntuale e coraggiosa. Occorrono scelte adeguate.
Lo si sta facendo e si deve continuare a farlo, animati dallo Spirito Consolatore, che ci renda forti, ma non supponenti e antipatici. Piuttosto, capaci di condividere con tutti il pane di misericordia, che ci è stato donato, senza merito.
«Che cosa possiamo offrire al mondo?», si chiede il Cardinale.
«La grazia del Risorto, che nel dono dello Spirito diventa segno concreto di comunione! Solo insieme e nella gioia di un “noi” condiviso e riconoscibile, potremo affrontare le tante sfide di oggi».
Il Papa aveva incoraggiato i Vescovi: «Guardiamo all’Italia con uno sguardo di compassione per preparare il futuro, superando disillusioni, vittimismo, paura e ignoranza. L’orizzonte continua ad aprirsi davanti a noi: continuiamo a gettare il seme della Parola nella terra perché dia frutto, […] proseguendo l’impegno di tanti missionari e missionarie sparsi nel mondo. Siamo accoglienti! L’Italia, con il contributo prezioso di tanti laici e tante laiche, ha offerto doni di fede e umanità all’Europa e al mondo. Continuiamo a tenere vivi questi doni… Sogno un’Italia che non rinunci al suo contributo originale di umanità vivificata dalla fede a favore di tutto il mondo».
Guardiamo sempre con la compassione di Gesù la realtà umana, in ascolto della Parola di Dio e nell’ascolto dei segni dei tempi, a iniziare dai poveri, per capirne le domande e trarre sempre nuovi motivi per amare.
Il Presidente della Conferenza episcopale italiana, nella sua introduzione, ha anche richiamato l’attenzione dell’Assemblea sulla realtà dei poveri in Italia, che costituiscono il 9,8% della popolazione, complessivamente oltre 2 milioni 234 mila famiglie; sul divario generazionale, che trova i giovani sempre più esposti a difficoltà economiche, con un preoccupante allontanamento dalla partecipazione politica; sulle necessità dell’accoglienza della vita, nelle sue varie forme e nelle diverse età, guardando a chi chiede di entrare nel nostro Paese nella legalità e all’inesorabile crisi demografica che i nostri paesi stanno subendo.
«Non vogliamo vivere una cultura del declino, che ci fa stare dentro i nostri recinti, non ci fa essere audaci e ci priva della speranza».
Infine, il Presidente ha voluto significativamente invitare i Vescovi a non far perdere alla Chiesa la vitalità e la capacità comunicativa, nel confronto con la cultura attuale.
«Senza rapporti con il mondo della cultura, la Chiesa perde anche il contatto con il mondo sociale, oggi molto più estesamente scolarizzato e acculturato di quanto fosse nella prima metà del secolo scorso. Nonostante l’originalità e la determinazione di Papa Francesco, dobbiamo chiederci se non pecchiamo di “timidezza” e di mancanza di “fantasia creativa” in ambito culturale. In altri termini, una Chiesa che non sia militanza e immaginazione culturale soffre di una colpevole, grave mancanza e omissione: non rende vivo e attuale il messaggio cristiano».
Buon lavoro ai nostri Vescovi!