Giubileo 2025

Giubileo 2025

Con la Bolla «Spes non confundit», papa Francesco indice il Giubileo 2025

Una parola di speranza

La speranza, che non delude (cfr. Rm 5,5) sarà il tema del prossimo Giubileo 2025, che ogni venticinque anni si celebra nella Chiesa cattolica, come «momento di incontro vivo e personale con il Signore Gesù». Tutto quello che non avrà come fine questo incontro è marginale e, forse, contrario allo spirito di questo grande evento, che avrà inizio la notte del 24 dicembre 2024 e si concluderà nell’Epifania del 2026.

Il Papa si augura che questo tempo sia «per tutti occasione di rianimare la speranza».

Subito, viene precisato che la speranza di cui si parla trova origine nell’amore di Dio per tutti e tutti raggiunge attraverso l’annuncio del vangelo. La speranza cristiana è donata attraverso la Parola, che noi cristiani siamo chiamati ad accogliere, custodire, testimoniare e trasmettere.

Già da ora, nelle nostre comunità cristiane potrebbe essere necessario verificare in quale misura e con quale efficacia abbiamo cura dell’evangelizzazione. Nello stesso tempo, potrebbe essere fruttuoso prepararci al Giubileo, meditando la Lettera ai Romani, che san Paolo invia ai cristiani della città in cui si sta per recare, per annunciare il vangelo e compierlo con il suo martirio.

Il Papa propone di riscoprire la virtù della pazienza, per guarire dalla fretta, che impedisce soprattutto le relazioni autentiche e la contemplazione del creato.

«La pazienza, frutto anch’essa dello Spirito Santo, tiene viva la speranza e la consolida come virtù e stile di vita. Pertanto, impariamo a chiedere spesso la grazia della pazienza, che è figlia della speranza e nello stesso tempo la sostiene».

 

Un cammino di speranza

La speranza, che è Gesù Cristo morto e risorto, raggiunge la Chiesa, che è un popolo sempre in cammino nella storia.

Subito la memoria va al primo Giubileo del 1300, che sicuramente ha suscitato nella comunità cristiana tanti doni, ma anche è stato occasione di controversie e lacerazioni, fino allo scisma luterano. A quell’evento, molti associano la cosiddetta “vendita” delle indulgenze. Tuttavia, dobbiamo ricordare anche altri segni della Misericordia di Dio, offerti dalla Chiesa, attraverso la storia: già nel 1122, Callisto II aveva concesso di celebrare un Giubileo a Santiago de Compostela, ogni volta che la festa dell’apostolo Giacomo fosse caduta di domenica; poi nel 1216, l’accoglienza da parte di Onorio III della richiesta di san Francesco, che desiderava l’indulgenza per tutti coloro che avessero visitato la Porziuncola; nel 1294, la “perdonanza” indetta da Celestino V a L’Aquila, per i pellegrini che giungevano alla basilica di Santa Maria di Collemaggio.

Sempre emerge il pellegrinaggio, come elemento fondamentale di ogni evento giubilare. E anche come caratteristica del popolo di Dio, radunato nella Chiesa.

Potrebbe essere bello proporre, in questo tempo, l’esperienza del pellegrinaggio a piedi, magari di più giorni, nell’esperienza della fraternità e dell’essenzialità, nel dialogo tra generazioni, nella comunione tra diverse esperienze ecclesiali, alla riscoperta delle origini della propria fede, dei luoghi abitati dai credenti e della bellezza del creato.

La Porta Santa della Basilica di San Pietro in Vaticano sarà aperta il 24 dicembre del 2024, dando così inizio al Giubileo Ordinario. La domenica successiva, 29 dicembre 2024, si aprirà la Porta Santa della cattedrale romana di San Giovanni in Laterano, poi, il 1° gennaio 2025, Solennità di Maria Santissima Madre di Dio, verrà aperta la Porta Santa della Basilica papale di Santa Maria Maggiore. Infine, domenica 5 gennaio 2025 sarà aperta la Porta Santa della Basilica papale di San Paolo fuori le Mura.

Domenica 29 dicembre 2024, in tutte le cattedrali del mondo, i Vescovi celebreranno l’eucaristia come solenne apertura dell’Anno giubilare nelle proprie diocesi.

L’Anno Santo terminerà nelle diocesi, domenica 28 dicembre 2025. La Porta Santa della basilica di San Pietro in Vaticano sarà chiusa il 6 gennaio 2026.

Segni di speranza

Come ci insegna il Concilio Vaticano II, «è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sulle loro relazioni reciproche».

Pertanto, papa Francesco ricorda che la speranza cristiana dovrebbe tradursi in segni per il mondo intero. In tale senso, invita le comunità ecclesiali e tutte le persone di buona volontà a costruire la pace e a infondere l’entusiasmo per la propria esistenza e il desiderio di trasmettere la vita.  Si invitano i cristiani ad avere attenzione per la condizione dei detenuti nel mondo e una rinnovata spinta verso l’abolizione della pena di morte. E poi la cura verso gli ammalati, i giovani, i migranti, gli anziani, i più poveri.

Credo che ogni comunità cristiana, nei rispettivi territori di appartenenza, debba formare le coscienze e promuovere iniziative significative in favore delle persone, che il Papa ci ha indicato. Altrimenti, vivremo soltanto l’ennesima liturgia stonata e appassita.

Secondo me, da troppo tempo, nelle nostre comunità stiamo trovando rifugio nell’indifferenza e nel compromesso, tenendo i temi veri fuori dalle nostre chiese e lontano dai nostri pensieri. Forse, per questo vuoto di profezia, la gente se ne va altrove.

 

Appelli di speranza

«È necessario che quanti possiedono ricchezze si facciano generosi, riconoscendo il volto dei fratelli nel bisogno», specialmente coloro che mancano di acqua e di cibo. Come ricordato nella lettera “Fratelli tutti”, «con il denaro che si impiega nelle armi e in altre spese militari costituiamo un Fondo mondiale per eliminare finalmente la fame e per lo sviluppo dei Paesi più poveri, così che i loro abitanti non ricorrano a soluzioni violente o ingannevoli e non siano costretti ad abbandonare i loro Paesi per cercare una vita più dignitosa».

E anche in occasione di questo Giubileo, come fece san Giovanni Paolo II nel 2000, la richiesta del condono del debito dei Paesi più poveri, non come atto caritatevole, ma come un atto di giustizia. «C’è infatti un vero “debito ecologico”, soprattutto tra il Nord e il Sud, connesso a squilibri commerciali con conseguenze in ambito ecologico, come pure all’uso sproporzionato delle risorse naturali compiuto storicamente da alcuni Paesi».

A 1700 anni dal Concilio di Necea, l’Anno giubilare potrà essere un’opportunità importante per dare concretezza alla forma sinodale, che la Chiesa viene sempre più consapevolmente assumendo, per corrispondere all’urgenza dell’evangelizzazione, che riguarda tutti i battezzati e non solo gli “specialisti”.

Infine, Francesco rinnova il suo appello e ci invita a costruire l’unità visibile di tutte le Chiese e Comunità ecclesiali. «Possa essere questo un appello per tutti i cristiani d’Oriente e d’Occidente a compiere un passo deciso verso l’unità intorno a una data comune per la Pasqua».

 

Ancorati nella speranza

«Abbiamo bisogno di “abbondare nella speranza” (cfr. Rm 15,13) per testimoniare in modo credibile e attraente la fede e l’amore che portiamo nel cuore; perché la fede sia gioiosa, la carità entusiasta; perché ognuno sia in grado di donare anche solo un sorriso, un gesto di amicizia, uno sguardo fraterno, un ascolto sincero, un servizio gratuito, sapendo che, nello Spirito di Gesù, ciò può diventare per chi lo riceve un seme fecondo di speranza».

Tutto questo i discepoli di Gesù Cristo Risorto lo possono compiere, non in virtù di uno sforzo volontaristico e neppure come uno slancio etico, ma come un autentico atto di fede, nella vita di Dio, che abbiamo ricevuto in dono col battesimo.

«Gesù morto e risorto è il cuore della nostra fede», dice il Papa.

L’ultima parte della Lettera è di carattere dottrinale e a molti potrebbe sembrare complicata o addirittura ridondante. In realtà, si tratta del fondamento di ogni nostro agire.

Francesco affronta i temi dei sacramenti del Battesimo e della Riconciliazione, della vita eterna e della felicità, del giudizio di Dio e della misericordia, la preghiera per coloro che ci hanno preceduto.

In questi mesi di attesa del Giubileo, mi piacerebbe soffermarmi su alcuni aspetti di questa Lettera di indizione, magari sollecitato anche da qualche domanda di chi, con benevolenza, mi legge.

«Lasciamoci fin d’ora attrarre dalla speranza e permettiamo che attraverso di noi diventi contagiosa per quanti la desiderano. Possa la nostra vita dire loro: «Spera nel Signore, sii forte, si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore» (Sal 27,14). Possa la forza della speranza riempire il nostro presente, nell’attesa fiduciosa del ritorno del Signore Gesù Cristo, al quale va la lode e la gloria ora e per i secoli futuri».

Il testo della Bolla «Spes non confundit».

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